Drawdown

Drawdown

Il drawdown è il termine usato per indicare la perdita a cui il trader può andare incontro. Vediamo nello specifico come funziona e quali sono le diverse tipologie.

Drawdown: cos’è?

Il drawdown è un concetto fondamentale nel money management in quanto misura il costo in termini di perdite di un sistema di trading e quindi aiuta a valutarne in qualche modo il livello di rischio e l’efficienza.

Drawdown è un termine che indica la quantità di denaro persa facendo trading (misurata in termini percentuali) e la conseguente riduzione del proprio capitale. Per chiarire la questione facciamo un esempio chiaro e facile da comprendere.
Se da un capitale iniziale di 5.000 euro abbiamo una perdita di 1.000 euro, il drawdown sarà del 20%, ossia la perdita che abbiamo subito sarà del 20%.

Normalmente il drawdown è calcolato trovando la differenza tra un picco relativo nel capitale azionario e una successiva depressione relativa. Attenzione quindi! Il drawdown si misura sempre sul massimo capitale raggiunto. Pertanto, se da un capitale iniziale di 5.000 euro otteniamo un profitto di 2.500 euro e poi di nuovo una perdita di  altrettanti 2.500 euro riportando il saldo del conto a 5.000 euro, il drawdown non sarà dello 0% ma del 33%.

Il fatto più interessante da tenere presente riguardo al drawdown è che una perdita sul capitale del 20% non si recupera con un guadagno del 20%, ma del 25%.
Nel nostro primo esempio (capitale da 5.000 euro a 4.000 euro), per tornare alla situazione originaria di 5.000 euro serve infatti un profitto del 25% (1.000 euro sui 4.000 da cui ripartiamo).

Più alto è il drawdown quindi e più sarà difficile recuperare il capitale iniziale, dal momento che le percentuali dovranno essere molto alte. Di conseguenza, applicare le regole del money management e non rischiare una percentuale troppo elevata del proprio patrimonio è sicuramente una scelta salvifica per il trader.

Drawdown, massimo, relativo e medio: le tipologie di perdita

Esistono differenti tipologie di drawdown e diversi modi di misurare la perdita. Le tipologie del drawdown sono le seguenti:

  • massimo drawdown;
  • drawdown relativo;
  • drawdown medio;
  • drawdown assoluto.

Ciascuna di queste modalità individua la perdita di capitale, ma viene rapportata in modo differente alla strategia di trading. Vediamo adesso nel dettaglio tutte le tipologie di drawdown sopra citate.

Il massimo drawdown è la massima diminuzione di capitale da un picco del capitale, ovvero la più grande quantità di denaro perso fino al ritorno in pari. In pratica, la perdita più alta registrata nello storico dalla strategia di trading analizzata.

Il drawdown relativo viene espresso con una percentuale rispetto al capitale iniziale.

Invece il drawdown medio, come dice la parola stessa indica la media delle perdite nel corso di una strategia di trading.
Ossia se in un determinato piano di trading perdiamo il 7%, poi il 5% e poi il 6,5% faremo una media tra le perdite e vedremo quanto si è perso.

Il drawdown assoluto, può essere calcolata sia per ogni singola operazione che per l’intera strategia. Quindi sarà il trader a determinare in che modo calcolare la perdita e se stabilirla su tutta la strategia o solo su alcune operazioni che ha svolto.

Tenere sotto controllo il drawdown è fondamentale anche per l’aspetto psicologico. Il drawdown per sua natura non è prevedibile (se ne possono solo misurare alcuni aspetti statistici, come la frequenza e l’intensità), tuttavia è assolutamente certo che prima o poi ci si troverà a subirlo.

Ogni trader ha un limite di sopportazione delle perdite. È bene cercare di evitare anche solo di avvicinarsi a quel limite oltre il quale inizia una vera sofferenza psicologica e diventa molto facile fare stupidaggini (le perdite portano ad agire d’impulso per «recuperare» con esiti quasi sempre opposti).

Quindi, tieni sempre d’occhio quanto perdi oltre a quanto guadagni e quando le perdite superano un certo limite che devi decidere a priori, fermati e continua a lavorare su un conto demo per un certo periodo; contemporaneamente rivedi la tua strategia di trading e verifica se il drawdown è stato causato da errori personali o se ci sono segnali concreti che possano dimostrare che la strategia usata sta perdendo di efficacia (o addirittura che non funziona più…).

Dow Jones Industrial (US30)

Non serve commentare…

Il portafoglio All Season di Ray Dalio

Ray Dalio (fondatore di Bridgewater Associates, uno dei maggiori Hedge fund del mondo), in un’intervista condotta da Anthony Robbins e pubblicata nel suo libro Soldi (ed. Bompiani, 2015), rivelò la distinzione più semplice e importante di tutte per un investimento profittevole, dai rischi contenuti e dal forte potenziale di ricapitalizzazione nel lungo periodo. Riporto una sintesi del libro citato con stralci dell’intervista.

Dalio afferma che ci sono solo quattro elementi fondamentali che muovono il prezzo dei beni:
1. inflazione;
2. deflazione;
3. aumento della crescita economica;
4. rallentamento della crescita economica.

Se ci sono quindi solo quattro potenziali condizioni o stagioni economiche, Ray dice che dovresti avere un 25% del tuo rischio in ciascuna di queste quattro categorie. E spiega: “So che ci sono condizioni buone e cattive per tutti i tipi di investimento. E so che nel corso della vita si troverà una situazione rovinosa per ciascuna di queste tipologie. È sempre andata così, storicamente.

Ecco perché chiama il suo approccio All Weather: perché ci sono quattro possibili stagioni nel mondo finanziario e nessuno sa davvero quale sarà la prossima. Con questo metodo, ogni stagione, ogni quadrante, è sempre coperto e tu sei sempre protetto. Ray spiega: “Immagino quattro portafogli, ciascuno con la stessa percentuale di rischio. Ciò significa che non sono esposto in nessuna condizione particolare.” È geniale. Non cerchiamo di predire il futuro, perché nessuno sa cosa riserva il futuro. Quello che sappiamo è che ci sono solo quattro possibili stagioni da affrontare. Usando questa strategia di investimento, possiamo sapere – non solo sperare – di essere protetti e di avere i nostri investimenti al sicuro e di ottenere buoni risultati qualunque sia la stagione che ci aspetta.

Bob Prince, codirettore degli investimenti alla Bridgewater, spiega il carattere unico dell’approccio All Weather: “Oggi possiamo strutturare un portafoglio che si comporterà bene nel 2022, anche se non possiamo assolutamente sapere come sarà il mondo nel 2022.”

Noi conosciamo le quattro stagioni potenziali, ma che tipo di investimento si comporterà bene in ciascuna situazione?” Ray rispose suddividendo gli investimenti in base alle stagioni. Ecco lo schema che aiuta la visualizzazione:

Ma qual’è la percentuale che investiresti in azioni? E in oro? E così via. Ray si è messo a tracciare il seguente schema.

Per prima cosa“, ha detto, “abbiamo bisogno di un 30% in azioni” (per esempio, S&P 500 o altri indici per diversificare questo paniere). All’inizio mi sembrava poco, ma bisogna tenere a mente che le azioni sono tre volte più rischiose dei titoli.

Poi ci vogliono titoli governativi a lunga scadenza: 15% a medio termine (da 7 a 10 anni) e 40% a lungo termine (20-25 anni).
Perché una percentuale così alta? “Perché questo contrasta la volatilità delle azioni”. Si trattava di equilibrare il rischio, non le quantità di denaro. E scegliendo titoli di lunga durata, questo investimento porterà un rendimento potenziale migliore.

Per concludere il nostro portafoglio, Ray suggerisce il 7,5% in oro e il 7,5% in materie prime . “Hai bisogno di una parte del portafoglio che si comporti bene se l’inflazione accelera, perciò ci vuole una percentuale in oro e in materie prime, che hanno alta volatilità. Perché ci sono situazioni in cui la rapida inflazione può danneggiare sia le azioni sia i titoli”.

Infine, il portafoglio deve essere riequilibrato nel tempo. Il che significa che quando un segmento va bene bisogna venderne una parte e ricollocare le quote come in origine. Questo dovrebbe essere fatto almeno una volta all’anno e, se viene fatto bene, può avere effetti fiscali positivi. Questa è una delle ragioni per cui consiglio di avere un consulente fiduciario che gestisca questo processo fondamentale e continuo.

Possiamo tranquillamente affermare che negli ultimi 100 anni circa abbiamo sperimentato ogni possibile condizione economica e parecchie sorprese, dalla Grande Depressione alla Grande Recessione con tutto quello che ci sta in mezzo. Com’è andato il portafoglio All Seasons?

Diamo un’occhiata alla performance durante quello che possiamo chiamare il “periodo moderno” – i trent’anni dal 1984 al 2013. Il portafoglio è stato più solido della roccia:

  • Rendimento medio annuale netto appena sotto al 10% (per l’esattezza, 9,72% al netto delle commissioni). È importante notare che questo è il rendimento reale, non una media gonfiata.
  • Avresti guadagnato nell’86% del tempo. Ciò significa, solo quattro anni negativi. La perdita media è solo dell’1,9% e in uno dei quattro anni è stata dello 0,03% (praticamente pari) – di fatto avresti perso soldi solo 3 anni su 30 .
  • L’anno peggiore (-3,93%) è stato il 2008 (quando lo S&P 500 ha perso il 37%!).
  • Investitori “secchioni”, attenzione! La deviazione standard è stata appena del 7,63%. Il che vuol dire rischio estremamente basso e bassa volatilità.

Perché abbiamo scelto il periodo moderno dal 1984? Questo è il periodo in cui molte persone sono diventate investitori e il mercato azionario non è più stato riservato a una élite. Per capirci, 40 anni fa non c’era la Rete. I primi telefoni “portatili” sono usciti nel 1984 – il Motorola DynaTac era un mattone beige che costava quasi 4000 dollari. L’abbonamento costava 50 dollari al mese e 50 centesimi al minuto, ma potevi parlare solo trenta minuti, poi la batteria si esauriva.

Ma non guardiamo solo i lati positivi. Guardiamo come il portafoglio ha resistito nei momenti peggiori: gli inverni dell’economia. Questa analisi è quella che nel settore si chiama “stress test”.

Se guardi quello che possiamo definire come il “periodo storico”, dal 1939 al 2013 (75 anni), vedrai questi dati sorprendenti. Nota che tornando indietro nel tempo abbiamo dovuto usare indici diversi perché alcuni indici non esistevano prima del 1983. Vedi alla fine del capitolo la spiegazione del metodo usato.

Andiamo ancora più indietro, fino al 1927, includendo il peggior decennio della nostra storia economica, la Grande Depressione:

Se una casa viene definita a prova di tempesta, l’unico modo per saperlo con sicurezza è sottoporla al test del tempo e alle peggiori intemperie. Qui sotto c’è uno schema che mostra le sette peggiori crisi dal 1935. Come vedi, il portafoglio All Seasons è rimasto positivo in due di questi sette inverni! E le perdite che ha subito sono state relativamente piccole in confronto al mercato azionario americano.

Mentre l’inverno prendeva tutti a calci nel sedere, questo portafoglio ti avrebbe consentito di passare la stagione fredda sciando e godendoti la cioccolata calda!

Se guardi come si sarebbe comportato il portafoglio All Seasons rispetto al mercato negli anni più recenti, la differenza è ancora più grande! Dal 1° gennaio 2000 al 31 marzo 2014, il portafoglio All Seasons ha stracciato i rendimenti del mercato (lo S&P 500). In questo arco di tempo, abbiamo assistito a ogni sorta di quelle che Ray chiama “sorprese”: il crollo della bolla tecnologica, la crisi del credito, la crisi del debito europeo e la più grave caduta dell’oro (che è sceso del 28% nel 2013) da oltre un decennio. Questo arco temporale include quello che gli esperti hanno definito il decennio perduto, in cui lo S&P 500 è rimasto fermo per dieci anni, dall’inizio del 2000 alla fine del 2009. Dai un’occhiata alla differenza di comportamenti illustrata nel grafico seguente:



Mi rendo conto che la difficoltà maggiore può essere capire concretamente quali prodotti finanziari specifici acquistare per replicare fedelmente il portafoglio di Ray Dalio. Per questo posso esserti utile io. Contattami se vuoi maggiori informazioni.

Delta e Cumulative Delta

Il prezzo denaro (in inglese bid price o semplicemente Bid), chiamato anche prezzo di domanda, è il massimo prezzo che un compratore è disposto a pagare per acquistare uno strumento finanziario. Questo significa che il prezzo Bid è il miglior prezzo a cui un investitore in possesso del suddetto strumento finanziario potrà venderlo sul mercato.

Il prezzo lettera (in inglese ask price o semplicemente Ask), chiamato anche prezzo di offerta, è il prezzo minimo che un venditore è disposto ad accettare per vendere uno strumento finanziario. Questo significa che il prezzo Ask è il prezzo minimo a cui l’investitore che compra potrà acquistare il suddetto strumento finanziario.

Perché avvenga uno scambio nei mercati, abbiamo bisogno di due parti: un compratore e un venditore. Il prezzo non diminuisce perché ci sono più acquirenti che venditori. Questo è impossibile, dato che per ogni acquirente deve esserci un venditore.

Il prezzo scende quando i venditori sono aggressivi e accettano il prezzo che i compratori propongono di volta in volta; prezzo che sarà sempre più basso: perché comprare a 10 se pensi che ci sia qualcuno che può offrire 9?

Il prezzo sale quando i compratori sono aggressivi e accettano il prezzo che i venditori propongono di volta in volta; Prezzo che sarà sempre più alto: perché vendere a 10 se pensi che ci sia qualcuno che può offrire 11?

In contrapposizione agli ordini aggressivi (ordini market) ci sono gli ordini passivi, cioè gli ordine di tipo limit.

Il Delta (Δ) rappresenta la differenza, per ogni livello di prezzo, tra il numero di contratti (o azioni) che i compratori aggressivi vanno ad eseguire a prezzi Ask e il numero di contratti (o azioni) che i venditori aggressivi vanno ad eseguire a prezzi Bid.

Delta = Contratti Buy Market – Contratti Sell Market

Se il Delta è positivo, abbiamo acquirenti più aggressivi, che stanno comandando il mercato, in quel momento e su quel livello di prezzo, con la loro forza rialzista; se il Delta è negativo, abbiamo venditori più aggressivi, che stanno comandando il mercato, in quel momento e su quel livello di prezzo, con la loro forza ribassista.

Delta positivo = acquirenti aggressivi

Delta negativo = venditori aggressivi

Il Cumulative Delta (CD) è la somma dei delta di una singola candela (sessione temporale, volumetrica, di range, ecc.). Il CD può essere rappresentanto in forma grafica come una linea o tramite candlestik: in questo caso assume il nome di Cumulative Delta Chart e rappresenta la somma progressiva dei CD a partire da un momento preciso; la sommatoria può essere resettata ad ogni nuova giornata di trading o secondo personali necessità di elaborazione ed interpretazione.

Interpretazioni

Lo studio del Cumulative Delta non può e non deve essere preso fine a sé stesso per individuare segnali di ingresso nel mercato. Tuttavia è di grande utilità per prendere decisioni di trading più consapevoli e come fattore decisionale aggiuntivo.

L’assunto di base è che il Cumulative Delta si muoverà generalmente con il prezzo e quando non lo fa, è tempo di prestare attenzione.

Tra le varie possibili interpretazioni, in questa sede, menziono solo la divergenza tra prezzo e Cumulative Delta, in singola candela. Per esempio, una candela ribassista con CD positivo, denota che i compratori sono stati più aggressivi dei venditori nonostante il prezzo sia sceso. Una prima interpretazione di questo fenomeno è che il mercato ha scambiato contratti su un livello di prezzo in cui gli ordini sell limit hanno completamente assorbito la forza rialzista. Esaurita questa forza, il prezzo dovrà scendere per mancanza di nuovi compratori. La discesa attesa potrebbe essere di piccola entità, ma se in questa fase si assiste ad un progressivo aumento della pressione in vendita, individuabile tramite livelli di Delta negativo in aumento, allora il ritracciamento sarà inevitabile. Ci tengo a precisare che questo setup così spiegato non è sufficiente a garantire elevate probabilità di successo, seppur sia molto significativo. Per renderlo completo e affidabile è necessario integrarlo con alcuni altri dettagli che spiego durante le sessioni di coaching individuale.

Come scegliere un titolo in base all’analisi fondamentale

La valutazione del valore vero di una azienda quotata, il cosiddetto fair value, è un processo complesso e articolato che richiede il calcolo e la successiva interpretazione di una nutrita serie di indicatori e parametri.

Per quanto riguarda la fase di calcolo, è possibile affidarsi ad alcuni siti in cui è possibile consultare gratuitamente i principali dati aggiornati. I siti in questione sono Yahoo Finance e Google Finance.

Tuttavia, il lavoro più importante per la selezione delle azioni su cui investire consiste nella corretta interpretazione di questi indicatori. In particolare, è opportuno combinarne assieme alcuni per potersi fare un’idea del potenziale insito nell’azienda analizzata. A tal fine suggerisco di utilizzare due sezioni specifiche dei siti sopra menzionati, le sezioni di screening, per poter individuare solo quegli strumenti che hanno le caratteristiche che ci interessano. E’ possibile effettuare uno screening da questi due links:

  • Yahoo screener: consente di mettere sotto la lente azioni, bond e fondi.
  • Google screener: valido solo per le azioni, è meno completo ma forse più immediato.

Gli indicatori più noti da analizzare sono i seguenti:

ROE: return on equity, ovvero redditività del capitale. Il ROE si ottiene dividendo gli utili netti per il patrimonio netto societario, solitamente determinato come media tra il valore di inizio anno e quello di fine anno. Il valore del ROE deve essere superiore al tasso di interesse privo di rischio disponibile sul mercato, altrimenti l’azienda espone ad un rischio non remunerato, e di conseguenza non produce benefici per gli azionisti. Il ROE è quindi una misura della capacità da parte del management di creare valore per gli azionisti. Per come è costruito esso permette di confrontare tra loro aziende. Per me è buono se maggiore di 15.

P/BV: price to book value, ovvero prezzo su valore di libro. Questo indicatore si ottiene semplicemente come rapporto tra la capitalizzazione corrente di mercato del titolo in oggetto e il patrimonio netto della società. Si tratta di un indicatore estremamente sintetico che identifica il giudizio da parte del mercato del valore di un’azienda: una lettura pari a 1 indica che il mercato ritiene che l’azienda valga esattamente quanto la sua capitalizzazione corrente di Borsa; letture inferiori a 1 indicano che il mercato valuta l’azienda meno del suo patrimonio netto; viceversa, valori maggiori di 1 indicano che il mercato valuta l’azienda di più del suo patrimonio netto. Un aspetto importante da tenere in considerazione è che il P/BV da solo non permette di determinare correttamente situazioni di sotto o sopravvalutazione del valore di una azienda, poiché da solo non dice molto. Più significativa la sua lettura insieme al ROE: letture elevate del rapporto P/BV accompagnate a letture elevate di ROE rendono coerenti i dati osservati; ci si può attendere, infatti, che gli investitori siano disposti a pagare di più qualcosa che rende di più. Vi è inoltre un aspetto più incorporeo da considerare nella valutazione del significato di un P/BV elevato: la forza del brand; cioè che ci si può attendere, infatti, è che gli investitori siano disposti a pagare di più per detenere quote di aziende con un forte posizionamento di mercato piuttosto che per avere in tasca quote di aziende sconosciute. Letture elevate del rapporto P/BV possono quindi essere determinate anche da fattori di questo genere. In linea di massima, più è basso e meglio è.

P/E: price to earnings, ovvero prezzo su utili. Questo indicatore si calcola come rapporto tra il prezzo corrente di mercato di una azione è l’utile per azione, pari a sua volta al rapporto tra gli utili totali e il numero di azioni circolanti. Viene sovente impiegato per individuare possibili sotto o sopravvalutazioni delle aziende quotate rispetto ai loro valori teorici di bilancio. In linea teorica esso rappresenta il numero di anni necessario a recuperare in toto l’investimento, sotto l’ipotesi che gli utili rimangano costanti anno dopo anno. La lettura di questo indicatore richiede cautela, poiché valori elevati possono essere dovuti al fatto che il mercato sconta in anticipo aspettative di utili futuri dell’azienda in oggetto; parimenti, a volte il valore è basso perché il mercato si attende utili in calo nel prossimo futuro. Inoltre si base sul tasso atteso di crescita degli utili redatto dagli insider dell’azienda, quindi è facilmente manipolabile. Come criterio generale, diciamo che più è basso e meglio è.

Div yeld (%): dividend yeld, ovvero rapporto dividendo su prezzo. Individua il rapporto tra il dividendo ed il prezzo di mercato di un titolo quotato su un mercato regolamentato, quindi è la percentuale del dividendo rispetto al prezzo dell’azione. Il dividend yield è un indicatore che nel campo dell’analisi fondamentale misura l’appetibilità di un titolo quotato in relazione alla sua capacità di poter retrocedere agli azionisti dividendi più o meno corposi. Un titolo di una società quotata che nel tempo mantiene un dividend yield elevato viene di norma premiato dal mercato con un rialzo dei prezzi in quanto appetibile sia al pubblico dei piccoli risparmiatori, sia da parte dei gestori di fondi comuni e degli investitori istituzionali. Una società quotata che garantisce ai propri azionisti un elevato dividend yield ha spesso sia un basso indebitamento, sia un bilancio con gli utili e con i ricavi crescenti anno su anno.

Un’esempio di screening eseguito tramite Google alla ricerca di titoli interessanti da comprare è il seguente:

Google Screener

Come si può notare, gli indicatori utilizzati sono di più di quelli sopra esposti; prossimamente completerò la spiegazione dei rimanenti.

Prima di chiudere l’articolo, vorrei proporre un’ulteriore considerazione: un classico utilizzo dell’analisi fondamentale è quello di scovare aziende buone che siano sottovalutate al fine di comprarle. Ma perché non provare a scovare aziende pessime che siano sopravvalutate per fare il BIG SHORT? Grandi rischi per grandi opportunità…

Si può vivere di borsa? Quanto si può guadagnare col Forex?

Queste sono domande che mi sento rivolgere spesso e, come si può immaginare, non hanno una risposta univoca. I fattori in gioco sono molti, sia soggettivi che oggettivi. Dipende da quanto si è bravi, quindi dalle conoscenze che si possiedono e da come si riesce ad applicare quanto si sa, il tutto condito da un ottimo equilibrio psicologico; e dipende dai capitali che si mettono a disposizione del trading.

Se sono un trader bravo, potrei ottenere un… 50% medio annuo (…ed è già un buon risultato). Se il mio capitale disponibile fosse di 10.000 euro (…e non sono pochi) potrei ottenere € 5.000 annui di profitto, che spalmati al mese fanno € 416,66, di media (quindi non è detto che io guadagni ogni mese questa cifra). Direi che è un po’ pochino per viverci, ma è un ottimo risultato in assoluto, praticamente meglio di qualsiasi rendimento si possa trovare nel risparmio gestito. A questo punto sembra diventare ovvia la risposta alla domanda iniziale: si può vivere di borsa solo se sono bravo e ho alti capitali.

A questa ovvia conclusione io posso controbattere che invece è possibile vivere di borsa e anche molto bene! A patto di sapere come svolgere correttamente questo lavoro e sfruttare il potenziale che offrono i vari mercati. A titolo di esempio, dato che il Forex è di gran moda, pubblico le performance che ho realizzato in questo mercato nella giornata odierna partendo da un capitale iniziale di circa 4.500 euro. Se questi numeri vi colpiscono, sappiate che non sono alla portata di tutti, ma ci sono delle tecniche e degli accorgimenti che una volta appresi vi consentiranno di ottenere risultati anche superiori… Per altre informazioni, contattatemi o visitate il sito www.tradingprofittevole.it.

 

2014.06.11

2014.06.11

 

+100% in poco più di due mesi!

Pubblico il risultato di un trade di lungo periodo ottenuto su un cross poco utilizzato: EURZAR.

Al di là della soddisfazione personale, voglio evidenziare come sia molto più profittevole e appagante individuare un buon trend ovunque esso si manifesti (qualità) piuttosto che cercare a tutti i costi dei segnali (quantità) dove siamo abituati a farlo. 

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Quanto vale un Pip nel Forex? Come si calcolano profitti e perdite?

Si sente spesso dire “la leva può moltiplicare le perdite e i profitti”, una frase che crea molta confusione.
In realtà se ragionassimo tenendo presente il valore di un pip del contratto che stiamo negoziando sarebbe tutto molto più semplice.

Per testare la tua comprensione della questione ti faccio una domanda: “Io utilizzo una leva 1:10 e apro una posizione con 1 minilotto e tu fai lo stesso ma usi una leva 1:500. La posizione viene aperta e chiusa nello stesso istante per un profitto di 20 pip. Chi ha guadagnato di più, tu o io?”

Se hai risposto “tu” hai sbagliato perché i profitti o le perdite sono determinati dalla grandezza del contratto scambiato e non dalla leva. La leva è solo lo strumento che ti permette di aprire posizioni grandi controllandole con poco, ma una volta che la trade è aperta la leva non influisce sul risultato. Quindi la risposta al quesito precedente è che abbiamo guadagnato esattamente uguale.

Il Pip, chiamato anche “Tick” è l’incremento minimo di una valuta. Se per esempio il cross EUR/USD varia da 1,3404 a 1,3405, la differenza è di 1 Pip. Il Pip è la quarta cifra decimale di una quotazione, con l’eccezione dei cambi che hanno come valuta secondaria lo Yen, nel qual caso il Pip è la seconda cifra decimale. Pertanto, il valore unitario di 1 Pip, a parte le eccezioni dello Yen, è sempre 0,0001 (per lo Yen è 0,01). Con il Pip si possono calcolare i profitti e le perdite di un trade.

Il “valore monetario di un PIP” si riferisce alla quantità  di denaro gudagnata/persa per ogni PIP guadagnato/perso durante una transazione forex. Allo stesso modo, lo spread che deve essere pagato al broker per ogni posizione aperta, viene corrisposto in pips.

Esistono tre tipi diversi di coppie di valute: le Dirette: EUR/USD, GBP/USD, AUD/USD, NZD/USD. Le Indirette: USD/JPY, USD/CHF, USD/CAD. E le Cross, in cui il Dollaro non viene coinvolto: EUR/GBP, GBP/JPY, EUR/JPY (ed altre minori).

Calcolare il valore monetario di un PIP

Il modo migliore per imparare e prendere familiarità  con il calcolo monetario dei PIP, è quello di cominciare a fare trading con la coppia di valute che conosci meglio, come ad esempio EUR/USD. Il valore di un PIP viene calcolato in questo modo:

1. Valute Dirette (USD è la valuta quotata, per esempio EUR/USD).
Formula: Valore Pip = 1 pip x Trade Size.
Supponendo di operare su un mini lotto ($10.000), il valore è: 0.0001 x 10,000 = $1. Il valore in Eur si ottiene in questo modo: valore pip / tasso di cambio corrente.

2. Valute Indirette (USD è la valuta base).
Formula: Valore Pip = 1 pip x Trade Size/ Prezzo di cambio corrente.
Supponendo di operare su USD/CAD con un mini lotto di $10.000, il valore è:0.0001 x 10,000 / 1.2123 = $0.824. Nota che il prezzo di cambio corrente, in questo caso 1.2123, è un valore variabile.

3. Valute Cross (per esempio EUR/GBP).
Formula: Valore Pip = 1 pip x Trade size x Prezzo di cambio corrente.
Supponendo di operare su un mini lotto di $10.000, il valore è 0.0001 x 10,000 / Prezzo corrente. Il risultato è in USD e va quindi convertito in EUR:valore pip/ tasso di cambio corrente EUR/USD.

Come calcolare il Profit & Loss

Adesso che sappiamo calcolare il valore di un PIP, possiamo addentrarci nella parte più interessante dell’articolo, ovvero il calcolo del profitto e delle perdite. Anche in questo caso, fortunatamente, non ci sono grandi formule da ricordare. Per spiegare meglio questo concetto cominciamo subito con un esempio:

1. Cominciamo un trade e prendiamo in esame la coppia EUR/USD. Nella tabellavediamo che i prezzi bid/ask sono i seguenti: 1,3460/1,3462, ovvero posso vendere 1 euro a 1,3460 o comprarlo a 1,3462 dollari.
2. Secondo noi l’Euro acquisterà  terreno nei confronti del Dollaro e decidiamo quindi di comprare.
3. Iniziamo il Trade: avvalendoci della leva compriamo 100.000 euro pagandoli 134.620 dollari (prezzo ask).

4. In poco tempo vediamo che l’Euro si è effettivamente apprezzato sul Dollaro e la coppia ha acquistato il valore 1,3464/1,3466. Decidiamo quindi divendere 100.000 euro e guardiamo il prezzo BID1,3464. Il ricavo è quindi di134.640 dollari.

Abbiamo comprato 100.000 euro a 1,3462 dollari, per un totale di $134.620. Abbiamo poi deciso di vendere 100.000 euro a 1,3464 dollari, ricevendo $134.640. La differenza è di 2 pips, ed il profitto in dollari è $134.640 – $134.620 = $20 (oppure 0,0002 x 100.000 = 20).

Le perdite (Loss) vengono calcolate allo stesso modo: se nell’esempio precedente l’Euro avesse perso sensibilmente terreno nei confronti del Dollaro e la coppia fosse scesa di valore, la perdita sarebbe quanto segue:

1. Acquistiamo 100.000 euro pagandoli 134.620 dollari.
2. L’Euro si indebolisce e scende a 1,3456/1,3458. Decidiamo di limitare le perdite e vendiamo 100.000 euro a 1,3456, ricevendo 134.560 dollari.

Abbiamo comprato 100.000 euro con prezzo ask a 1,3462 dollari spendendo $134.620. In seguito per limitare i danni abbiamo venduto 100.000 euro a 1,3456 dollari, intascando $134.560. Il “LOSS” in questo caso è stato di $60.

Prima di concludere, è opportuno ricordare altri due aspetti. Quando vuoi vendere una moneta, devi guardare il prezzo BID, mentre quando compri devi tenere a mente il prezzo ASK. Infine, per ogni trade, si paga al broker lo spread e, con alcuni, anche una commissione. Lo spread, dato dalla differenza tra le quotazioni BID e ASK, è variabile, è quantificato in pips e si paga sempre quando si compra (ASK), in quanto la quotazione visualizzata nel grafico è data dal prezzo BID (Vendi).

Tratto da: http://www.areaforex.com/204-calcolare-il-profitto-e-le-perdite/  http://www.forexmind.it/guida-al-forex/le-basi-fondamentali-del-trading-forex/il-valore-di-un-pip-nel-forex

Future o Forex?

Spesso mi viene posta la fatidica domanda del titolo con le relative varianti: conviene operare sui futures o sul Forex? Dove ci sono le maggiori opportunità di profitto?

Per rendere il confronto sensato, farò un parallelismo a parità di “oggetto”:

  • da un lato c’è il future Euro FX quotato nel mercato CME, relativo al cambio Euro/Dollaro. Un tick è pari ad uno scostamento di 0.0001, vale 12,5 dollari e ha un moltiplicatore di 125.000
  • dall’altro lato c’è il cambio EURUSD, negoziato nel Forex. Un pip è pari a 0.0001 (ma è trattato a scostamenti di 0.00001) e vale 10 dollari.

Dall’analisi congiunta dei due grafici, si nota che sono sostanzialmente identici: è possibile quindi operare all’incirca con le medesime figure e tecniche grafiche, pur con i dovuti accorgimenti in considerazione del fatto che il CME è un mercato regolamentato mentre il Forex no.

Confronto Future-Forex

Valutiamo i costi: per un trade sul future si pagano mediamente, con broker americano, circa 4-6 dollari di commissioni per round turn. A parità di controvalore negoziato, cioè un lotto pieno nel Forex, si paga uno spread medio di 2 pips, pari a 20 dollari. È possibile pagare meno spread aggiungendo le commissioni: la sostanza non migliora di molto e i dati proposti sono già ottimistici.

A parità di movimento atteso, il profitto e la perdita sono superiori in valore assoluto per il future in quanto il tick vale più del pip.

Il capitale richiesto per un trade intraday può variare tra i circa 600 e i 1000 dollari per un broker americano. Il costo del margine per negoziare il cambio EURUSD nel Forex dipende dalla leva concessa dal broker e poi utilizzata. Con leva 1:200 si impiegano 500 dollari di margine; con leva 1:500 si impiegano 200 dollari di margine.

Se supponiamo di valutare un movimento di 10 ticks/pips, i risultati sono i seguenti:

 

Future

Forex

Movimento

+ 10 ticks

+ 10 pips

Profit $

125,00

100,00

Costi $

-6,00

-20,00

Net Profit $

119,00

80,00

Incidenza costi %

4,8%

20,0%

Margine $

1.000,00

500,00

Rendimento %

11,9%

16,0%

 

 

Future

Forex

Movimento

-10 ticks

– 10 pips

Loss $

-125,00

-100,00

Costi $

-6,00

-20,00

Net Profit $

-131,00

-120,00

Incidenza costi %

4,8%

20,0%

Margine $

1.000,00

500,00

Rendimento %

-13,1%

-24,0%

Considerazioni finali.

  • A parità di movimento, in termini assoluti col future si può guadagnare o perdere di più, quindi per rispondere alla seconda domanda iniziale, il future offre le maggiori opportunità di profitto.
  • Col future c’è la minore incidenza percentuale dei costi (una differenza notevole). Si noti come la differenza in valore assoluto tra i profitti e le perdite, a causa di questo fatto, giochi a favore del future: 39 dollari di maggiore profitto quando si guadagna a fronte di 11 dollari di maggiore perdita quando si perde.
  • Il rendimento percentuale sul capitale impiegato è invece favorevole al Forex, sebbene questo possa subire notevoli escursioni (sia in meglio che in peggio) in relazione alla leva utilizzata nel Forex e ai margini richiesti dal broker per l’operatività intraday sul future.
  • L’esempio proposto si può applicare anche ad altri binomi future/cambi, ma è opportuno precisare che uscendo dai cross tipici (i mejor, come sono definiti dai broker Forex) gli spread applicati nel Forex diventano molto ampi, creando dei costi che possono portare addirittura alla non convenienza ad operare; questo vale in particolare su intervalli temporali brevi o se il movimento atteso è di ridotta entità. Per i futures invece i costi rimangono immutati al cambiare del cross, in quanto il mercato di riferimento, il CME, non cambia.
  • Per rispondere alla prima domanda, se conviene operare col future o col Forex, direi che conviene operare col future a meno che si disponga di capitali modesti. In questo caso, complice il margine inferiore richiesto, diventa possibile fare ciò che altrimenti non si potrebbe fare. Infatti, oltre a richiedere un capitale inferiore rispetto al future (a parità di controvalore negoziato), è possibile anche dimensionare la posizione in mini e talvolta micro lotti, costruendosi su misura un trade dimensionato alle proprie disponibilità e all’entità di rischio che ci si vuol assumere. Ciò può consentire anche di attuare strategie di diversificazione più ampie. Bisogna però prestare attenzione allo spread e valutate attentamente la convenienza effettiva prima di aprire una posizione: talvolta ciò che sembra un profitto potrebbe in realtà essere una perdita.

Dow Jones future: movimento esplosivo e profitto preso!

Dopo la congestione data dalla giornata di festa di ieri del mercato americano, oggi il future sul Dow Jones ha proseguito la congestione in apertura. Dopo un tentativo di rottura al ribasso, il future ha definito chiaramente l’intenzione di salire, visibile dal grafico su time frame orario tramite uno dei 5 metodi che utilizzo per individuare il trend nascente. Sono entrato al rialzo sul ritracciamento, su segnale di continuazione sempre sul TF 60 minuti, e con estrema rapidità ho preso i primi due obiettivi di profitto. Sul terzo contratto sto usando un trailing stop al 50% dei profitti, ma potrebbe correre ancora…

Attualmente il profitto minimo che posso realizzare è di circa € 180,00 al cambio corrente.Image