Specchietto per allodole?

Pur di vendere, regalerebbe la sorella, la mamma, le zie, la moglie con un pacco dono. Oh sì. Sto parlando del finance-markettaro, di cui vado a fare un pronto identikit, affinché tu possa riconoscerlo prontamente.
 
Si tratta, in genere, di un individuo maschio, di media età.

Egli si è affidato a una delle agenzie di markettari “Diventa subito ricco in 48 ore”. Agenzie i cui fondatori non sono mai diventati ricchi, ma insegnano ad altri a diventarlo: puro spirito di beneficenza ed esempio fulgido di altruismo.
 
Egli, infatti, l’individuo in questione, deve vendere un servizio di trading, un corso, un prodotto … e ha scoperto il Marketing.
 
La prima volta, non sapeva pronunciarlo bene. Metteva l’accento sulla e, per esempio. Poi l’agenzia, forte delle proprie conoscenze superiori, lo ha indottrinato, insegnandogli dove mettere l’accento. Alle volte ancora sbaglia, ma prima o poi può farcela e lo pronuncerà bene.
 
L’agenzia gli ha costruito una landing page, una pagina internet dove sei destinato senza speranza alcuna ad atterrare ogni volta che provi a cliccare qualcosa sulle email che ti manda.
 
È una pagina lunga un chilometro e mezzo, e ogni mezzo metro ha un banner, un link, una foto, una bestemmia perfino, con cui ti invita a cliccare per prendere visione dell’offerta specialissima che ha preparato per te.
 
E il vero capolavoro è l’offerta. Quella è la parte più divertente.
 
C’è infatti l’offerta DeLuxe, l’offerta Superman, l’offerta Platinum Gonzo: una scelta incredibile, una varietà senza limite, per adattarsi ad ogni portafoglio, dal più ricco al più miserabile. E c’è una costante su tutti. Un segreto Superiore.
 
Il Bonus.
 
Oh, il Bonus. Una montagna di Bonus. Una montagna di inutilità riciclate da internet, o addirittura da contenuti del secolo scorso (davvero, del secolo scorso, giuro, è la realtà, ed è anche di un nome blasonato), scritti magari dall’autore stesso ai tempi della sua Prima Comunione o poco più. Il Libro Cuore personale dato in omaggio.
 
Magari con una foto irreale, quando ancora i capelli erano folti, se lo vedi oggi non lo riconosci, i capelli sono scomparsi, ha gli occhi di fuori a forza di guardare il video, la moglie evita di fissarlo, sembra un grafico di borsa dopo il crollo del ’29…. Mette tristezza.
 
Il Bonus è quanto di più meraviglioso l’individuo in questione ritiene di offrirti. Anzi, la sua convinzione, dettata dall’agenzia di turno, è proprio questa. Che non deve fare sconti. Deve regalare Bonus. La gente, gli hanno detto, vuole i Bonus.
 
Per esempio, traggo spunto sempre dalle lezioni esemplari che l’agenzia impartisce al nostro eroe, guarda il tuo supermercato quando fai la spesa: non ti regala sempre un buono, qualcosa che ti permette di avere uno sconto, un prodotto gratis o quasi, se tu ritorni? Ecco, vedi: la gente vuole il Bonus…. Devi regalare i bonus, non fare sconti.
 
Il nostro genio della finance-marketta si convince. È vero. Il supermercato dove va lui, perché la moglie manda lui, almeno fa qualcosa di utile, fa esattamente così.
 
E quindi lui regala Bonus. Niente sconti. Se fa vedere uno sconto, è perché ha maggiorato i prezzi prima di fare lo sconto. Così lo sconto non lo fa sul serio, ma regala i Bonus.
 

E il nostro si sente potente e furbo come il suo supermercato. Perché, alla fine, vendere frutta, verdura e prosciutto non è un po’ come vendere un prodotto finanziario, un servizio di segnali, un corso di formazione per il trading? Che differenza può fare?
 
Hai visto che bonus? “Come evitare i 156 errori che fanno tutti” … eh, sì. Uno si identifica, no? Ci sarà almeno uno di quegli errori che avrai fatto anche tu. Senza quel Bonus, come avresti potuto affrontare i mercati finanziari?

L’osservatore influenza la realtà… degli investimenti

download-3Supponiamo che Roberto chieda ad un gestore di attivare un portafoglio di trading gestito da robot. Gli consegna le credenziali di accesso al conto e inizia l’attività di trading avendo ben chiarito due aspetti: qual è il rischio massimo che è disposto a sopportare e che obiettivo di capitale vuole raggiungere. La variabile è il tempo.

Ci sono due potenziali sviluppi. Nel primo scenario, Roberto fa un monitoraggio costante dell’andamento del conto. Esulta per ogni profitto conseguito, fantasticando su cosa può fare con quel denaro, e si rammarica per le perdite realizzate. Quando le perdite consecutive raggiungono una soglia che Roberto reputa “scomoda” psicologicamente, seppur lontana dal livello di massimo rischio pattuito all’inizio, Roberto inizia ad interrogarsi sulla qualità del suo portafoglio di investimento e sulla capacità del metodo di durare nel tempo. Se le perdite proseguono, Roberto comincia a “sentire” davvero possibile il fatto che il portafoglio non funzioni più, inizia a temere di perdere tutto o gran parte del denaro investito, si fa prendere da emotività e, razionalizzando la situazione, decide di interrompere l’investimento. Esce sconfitto e amareggiato per aver perso denaro. Si consola solo del fatto che ha perso meno di quanto pattuito all’inizio. Qualche giorno dopo, verificando che cosa avrebbe fatto il suo portafoglio se avesse continuato con l’investimento, scopre che avrebbe recuperato gran parte della perdita realizzata. E dopo qualche giorno ancora si rende conto che avrebbe maturato un cospicuo profitto. L’amarezza diventa profonda tristezza; in un primo momento si pente della decisione presa per poi concludere che è davvero sfortunato, che l’Universo ce l’ha con lui e che ha un destino segnato dalla miseria.

In un secondo scenario, Roberto, dopo aver consegnato le credenziali del conto al gestore, butta la password e si affida al robot contento per la decisione presa. Questo scenario ha due potenziali finali. In un primo caso, a distanza di tempo, riceverà una telefonata in cui il gestore gli comunica che il portafoglio ha raggiunto la soglia di rischio pattuita all’inizio e pertanto l’investimento viene bloccato contabilizzando la perdita massima stabilità a priori. Nel secondo caso, riceve una telefonata opposta alla precedente, in cui apprende che il suo capitale è diventato esattamente grande quanto si aspettava. Può ritirare il suo denaro e iniziare a vivere di rendita.

Nel primo scenario, Roberto, con la sua osservazione costante dell’investimento, ha concretamente influenzato la realtà dell’investimento. Travolto dall’emotività, ha cambiato la decisione presa all’inizio finendo per perdere una cifra molto alta, seppure minore di quella pattuita all’inizio. Dal momento che non ha rispettato la decisione inziale, avrebbe tuttavia potuto risparmiarsi questa perdita. Il sistema è testato negli anni e tarato in modo tale da poter fornire una riposta alla domanda: “Qual è il momento per fermarsi in quanto il metodo non funziona più?”. La risposta è: quando viene raggiunta la soglia di rischio pattuito all’inizio, dato che su questo è stato tarato tutto il sistema. La consapevolezza di quale sia la reale soglia di sopportazione del rischio è un passo fondamentale per il raggiungimento dei proprio obiettivi di investimento. Roberto avrebbe dovuto conoscere meglio sé stesso prima di dichiarare con leggerezza quale era la sua soglia di rischio accettato…

In alternativa c’è il secondo scenario, basato sulla fiducia, che avrebbe garantito a Roberto un percorso sicuramente più sereno, oltre alla concreta possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Se non sei in grado di creare almeno un piccolo distacco tra “Te Coscienza”, i tuoi pensieri e gli eventi che ti circondano, il rischio di vivere in balìa degli eventi è molto alto. Ma se sei in grado di rimanere distaccato con l’aggiunta di una buona consapevolezza e una sana fiducia in te stesso (per le decisioni che prendi e per la persona che sei), allora la ricetta per il successo è completa e il risultato voluto non può che divenire realtà.

Drawdown

Drawdown

Il drawdown è il termine usato per indicare la perdita a cui il trader può andare incontro. Vediamo nello specifico come funziona e quali sono le diverse tipologie.

Drawdown: cos’è?

Il drawdown è un concetto fondamentale nel money management in quanto misura il costo in termini di perdite di un sistema di trading e quindi aiuta a valutarne in qualche modo il livello di rischio e l’efficienza.

Drawdown è un termine che indica la quantità di denaro persa facendo trading (misurata in termini percentuali) e la conseguente riduzione del proprio capitale. Per chiarire la questione facciamo un esempio chiaro e facile da comprendere.
Se da un capitale iniziale di 5.000 euro abbiamo una perdita di 1.000 euro, il drawdown sarà del 20%, ossia la perdita che abbiamo subito sarà del 20%.

Normalmente il drawdown è calcolato trovando la differenza tra un picco relativo nel capitale azionario e una successiva depressione relativa. Attenzione quindi! Il drawdown si misura sempre sul massimo capitale raggiunto. Pertanto, se da un capitale iniziale di 5.000 euro otteniamo un profitto di 2.500 euro e poi di nuovo una perdita di  altrettanti 2.500 euro riportando il saldo del conto a 5.000 euro, il drawdown non sarà dello 0% ma del 33%.

Il fatto più interessante da tenere presente riguardo al drawdown è che una perdita sul capitale del 20% non si recupera con un guadagno del 20%, ma del 25%.
Nel nostro primo esempio (capitale da 5.000 euro a 4.000 euro), per tornare alla situazione originaria di 5.000 euro serve infatti un profitto del 25% (1.000 euro sui 4.000 da cui ripartiamo).

Più alto è il drawdown quindi e più sarà difficile recuperare il capitale iniziale, dal momento che le percentuali dovranno essere molto alte. Di conseguenza, applicare le regole del money management e non rischiare una percentuale troppo elevata del proprio patrimonio è sicuramente una scelta salvifica per il trader.

Drawdown, massimo, relativo e medio: le tipologie di perdita

Esistono differenti tipologie di drawdown e diversi modi di misurare la perdita. Le tipologie del drawdown sono le seguenti:

  • massimo drawdown;
  • drawdown relativo;
  • drawdown medio;
  • drawdown assoluto.

Ciascuna di queste modalità individua la perdita di capitale, ma viene rapportata in modo differente alla strategia di trading. Vediamo adesso nel dettaglio tutte le tipologie di drawdown sopra citate.

Il massimo drawdown è la massima diminuzione di capitale da un picco del capitale, ovvero la più grande quantità di denaro perso fino al ritorno in pari. In pratica, la perdita più alta registrata nello storico dalla strategia di trading analizzata.

Il drawdown relativo viene espresso con una percentuale rispetto al capitale iniziale.

Invece il drawdown medio, come dice la parola stessa indica la media delle perdite nel corso di una strategia di trading.
Ossia se in un determinato piano di trading perdiamo il 7%, poi il 5% e poi il 6,5% faremo una media tra le perdite e vedremo quanto si è perso.

Il drawdown assoluto, può essere calcolata sia per ogni singola operazione che per l’intera strategia. Quindi sarà il trader a determinare in che modo calcolare la perdita e se stabilirla su tutta la strategia o solo su alcune operazioni che ha svolto.

Tenere sotto controllo il drawdown è fondamentale anche per l’aspetto psicologico. Il drawdown per sua natura non è prevedibile (se ne possono solo misurare alcuni aspetti statistici, come la frequenza e l’intensità), tuttavia è assolutamente certo che prima o poi ci si troverà a subirlo.

Ogni trader ha un limite di sopportazione delle perdite. È bene cercare di evitare anche solo di avvicinarsi a quel limite oltre il quale inizia una vera sofferenza psicologica e diventa molto facile fare stupidaggini (le perdite portano ad agire d’impulso per «recuperare» con esiti quasi sempre opposti).

Quindi, tieni sempre d’occhio quanto perdi oltre a quanto guadagni e quando le perdite superano un certo limite che devi decidere a priori, fermati e continua a lavorare su un conto demo per un certo periodo; contemporaneamente rivedi la tua strategia di trading e verifica se il drawdown è stato causato da errori personali o se ci sono segnali concreti che possano dimostrare che la strategia usata sta perdendo di efficacia (o addirittura che non funziona più…).

Impegno, emozioni e risultati

Le cose belle nella vita tendono a durare poco o rischiano di durare poco. A ben pensarci però questa affermazione può essere vera nella misura in cui le cose belle talvolta si danno per scontate. Quando ciò avviene, abbassiamo infatti le nostre attenzioni e il tutto rischia di svanire. Un giardino ha bisogno di essere curato ed annaffiato tutti i giorni se si vogliono avere delle belle piante. Non potremo pensare di avere l’affetto di una persona o di avere un bel giardino se non ci prenderemo cura di loro tutti i giorni.

Questo capita anche nel trading. I risultati nel lungo periodo sono infatti frutto delle attenzioni che noi dedicheremo allo studio maniacale e quotidiano di ogni dettaglio, dalla scelta degli strumenti finanziari alla compilazione della equity line a fine giornata, alle commissioni pagate, etc. in modo da ridurre i rischi nella nostra operatività. A mio modesto parere, però, il trading rimane comunque una attività sui generis. I nostri genitori ci hanno sempre insegnato che con lo studio e l’applicazione otterremo dei risultati nella vita. Questo ci viene insegnato dalla stessa scuola: se studi e ti applichi allora passerai l’esame ed otterrai un certificato che ti permetterà di lavorare (si spera) e di ottenere buoni risultati (si spera).

Ma secondo voi questo capita anche nel trading? A mio avviso no. Ho visto molte persone plurilaureate fallire in questa impresa. Nel 1998 il fondo Long Term Capital Management (LTCM) con una massa di 4 miliardi di dollari e gestito dai premi Nobel Merton e Scholes fallì rovinosamente e a memoria fu costretto a chiedere l’intervento della Federal Reserve, la Banca Centrale americana. Direi che l’assunto “ti applichi, studi ed otterrai dei risultati come trader o gestore” non vale un granché. Ma non pensiate che io stia asserendo che non applicandosi si possano ottenere comunque dei risultati soddisfacenti. Con lo studio si riducono semplicemente le probabilità di insuccesso in un ambito in cui la statistica è impietosa visto che il 90% di chi inizia muore (finanziariamente parlando) entro i primi dieci mesi di attività. Per il 10% rimanente sarà un paradiso, visto che quando si fa un lavoro che piace alla fine della nostra vita potremo dire, in fondo in fondo, di non aver mai lavorato un solo giorno. Non a caso vale un detto in Borsa che più o meno dice questo: la Borsa fa morire giovani. O perché si finiscono i soldi o perché se ne sono fatti abbastanza e si scappa via. 

Ma se è così difficile ottenere i risultati voluti con il trading, perché dedicarsi a questa attività? Brian Knuston, ordinario di neuroscienza a Stanford, sostiene che “il piacere sessuale, l’esaltazione delle droghe e l’atto di acquistare titoli dipendono dallo stesso network nervoso. Nel cervello scatta la guerra tra piacere e ansia”.  Ecco, forse la spiegazione sta tutte nelle emozioni… e infatti spesso sono loro che determinano se finiremo in rovina o se riusciremo ad entrare nell’olimpo di quella minoranza che porta via tutti i soldi agli altri.

La rabbia

La rabbia uccide. La rabbia consuma dentro. È l’inizio dell’autodistruzione.

La rabbia nasce dal fatto che IO voglio qualcosa e qualcuno mi impedisce di ottenerlo. O meglio, penso che qualcuno mi impedisca di ottenerlo. L’impossibilità di raggiungere il risultato può anche non dipendere da una persona specifica e il qualcuno potrebbe essere indefinito: il mercato, la burocrazia, ecc.; all’estremo opposto, se sono intriso di autocritica e di senso di responsabilità (o dovrei dire senso di colpa?), allora il qualcuno colpevole diventa Dio… o IO stesso. In mancanza di una persona “colpevole” del nostro insuccesso, Dio ed IO diventiamo i responsabili dell’insuccesso. Così la rabbia, il sentimento più distruttivo assieme all’odio, si ribalta contro Dio e contro me stesso. Tutta l’energia protesa a ottenere il risultato, si è trasformata appunto in rabbia e se non trova altre vie di sfogo, si canalizza contro l’elemento che riteniamo abbia distrutto la possibilità di realizzare il nostro desiderio. Il fine è di annientare l’elemento causa del fallimento e, se serve, distruggerlo anche fisicamente. Ed ecco che se penso di essere io stesso la causa, con i miei pensieri, stati d’animo, decisioni, azioni… allora sono io stesso a dover essere annientato e distrutto. È una forma di odio verso me stesso, odio verso la vita: l’incipit affinché il mio corpo si ribelli contro sé stesso, l’origine delle peggiori malattie autodistruttive, fisiche e psicologiche.

Pace, armonia, equilibrio sono le antitesi alla rabbia. Come svilupparle?

La via è nella consapevolezza, nell’osservazione: quindi, da dove nasce questa rabbia? Dove sto incanalando l’energia? Attenzione a non voler conoscere la rabbia solo per liberarsene: questo desiderio di liberazione, se fine a sé stesso, porta con sé una distinzione, una separazione. Si crea il dualismo che rabbia è male e assenza di rabbia è bene. È necessario andare oltre il dualismo: pace e rabbia convivono come due facce della stessa medaglia, dove la medaglia sono io. La rabbia è per sua natura un fenomeno reale e spontaneo, ma di breve durata: l’energia che fluisce l’ha provocata. Il vulcano ha bisogno di eruttare: la repressione, l’autocontrollo forsennato, lo sforzarsi di tenere dentro tutta quell’energia, fa solo aumentare la pressione; è la premessa per un esplosione dirompente. L’osservazione distaccata è sicuramente la via, ma ci si arriva per gradi: partire con essa pensando di padroneggiarla senza allenamento, equivale a tappare il cratere del vulcano. Se non sei capace di praticare l’osservazione distaccata, stai solo reprimendo le emozioni nell’inconscio.

Da dove iniziare quindi? Vivi ogni emozione che senti! Lascia andare la mente, abbandona lo sforzo di dover (o voler) controllare le emozioni, sia che le reputi positive che negative. Già questo è un giudizio, una separazione. Lasciati andare e fai uscire quel che senti. Solo così potrai riconoscere che questo sei Tu, che ti sei ritrovato in questo stato. Non giudicarti e non condannarti! La forza di queste emozioni si affievolirà da sola, spontaneamente: nessuna emozione dura in eterno. Siamo noi che ci attacchiamo ad essa e la ricreiamo con il nostro pensiero. Lo step successivo è quindi di evitare di alimentare con un circolo vizioso le emozioni. Come fare? Vivere le emozioni ed esprimerle non significa esternarle pubblicamente. Non ho detto di fare così. Se ti senti in collera, vivi questa emozione, ma vivila per conto tuo: piuttosto chiuditi in una stanza, picchia un cuscino, urla allo specchio; in ogni caso dev’essere qualcosa di totalmente privato, altrimenti non ci sarà mai fine. Se ti sfoghi con una persona e questa non è sufficientemente distaccata, crei un circolo vizioso. Le cose si muovono in cerchio, quello che dai ricevi, soprattutto a livello energetico. Ciò che serve è un’azione rapida e intensa in modo che l’energia possa sprigionarsi e dissiparsi: una passeggiata, una corsa, un allenamento… Trova la tua attività, la tua valvola di sfogo.

La tristezza è rabbia passiva e la rabbia è tristezza attiva. Se provi una, non provi l’altra: sono le due facce della stessa medaglia. Contemporaneamente, puoi provarne solo una delle due. Allenati a fluire dall’una all’altra. Così facendo ti abituerai a sperimentare la trascendenza, a diventare progressivamente il testimone imparziale, a osservare questi giochi e progressivamente ad andare al di là di entrambi. Se due energie opposte si equilibrano, allora si annullano. Questa è una delle leggi fondamentali delle energie interiori.

L’unico problema con le emozioni quali la tristezza, la rabbia, la disperazione, l’angoscia, l’ansia, l’infelicità è che te ne vuoi liberare anziché conviverci. Sono le sfide della vita: accettale! Ti potrai liberare di qualcosa solo dopo averla guardata direttamente in faccia. Così come l’unico modo per risolvere i problemi è con l’azione: se li rimandi o ti giri da un’altra parte, li stai solo procrastinando… e ingrandendo.

Con le emozioni, e con i fatti della vita in genere, a priori non esiste nulla di giusto e sbagliato, buono o cattivo. Sono semplicemente… emozioni; o fatti. Vivi quello che accade, senti quello che provi, ascolta, guarda i fatti nella loro semplicità, non attribuire un significato, non etichettare, non sentirti in obbligo di giudicare se è giusto o sbagliato. Impara ad agire, a trasformare, a incanalare le energie, a trasmutarle. Così facendo, stai imparando ad essere consapevole. La consapevolezza è una torcia che illumina l’oscurità: accendi la luce e semplicemente il buio scompare. La consapevolezza è la chiave universale.

Consapevolmente, senza pregiudizio, sei pronto ad entrare in te stesso, ed osservare la rabbia: dove sorge, come opera, come prende il sopravvento. Alla fine del percorso ti renderai conto che anche la rabbia, come molte altre emozioni, nasce per nascondere una paura. La rabbia è il velo dietro il quale puoi nasconderti. Di cosa hai davvero paura?

Tre brutti errori che diventano peggiori

Questo post è la trascrizione della newsletter “AffariNostri” di Francesco Carlà pubblicata il 14/07/2014.

 

Il 17/01/2011 avevo ricevuto una lettera molto interessante.

Mi scriveva Angelo M. per mettermi a parte di un tormento che, lo diceva lui, gli faceva perdere il sonno. Angelo aveva fatto tre errori molto gravi. Gravi ma molto comuni ai non Fwiani. E alla fine rispondevo.

Quattro anni e mezzo dopo Angelo che era diventato un Fwiano ha recuperato ampiamente le sue  perdite e ha trovato la sua dimensione di Investitore Intelligente.

Gli altri, quelli che non hanno capito di che vera natura fossero i loro errori, hanno continuato a perdere soldi, molti soldi. In qualche caso anche tutti i loro soldi.

Ecco perchè vi ripropongo spesso Affari nostri del passato. Per darvi la possibilità di vedere cosa succede nel tempo.

Buona lettura.

-Angelo M.

“Ho fatto tre errori nella mia vita finanziaria. Uno di seguito all’altro. E ho solo 35 anni.

Mi dico spesso che tutti possono sbagliare e che ci deve pur essere un modo per uscire da questa
situazione che mi angustia.

Ecco gli errori:

Il primo: Ho dato retta ai consigli di un “esperto”
finanziario che, a giudicare dai risultati,
non aveva affatto esperienza.
Non pensavo che un singolo consiglio
sbagliato, anche se reiterato nel tempo
(circa un anno) potesse produrre tanti
danni al mio portafoglio.

Il secondo: Ecco il consiglio sbagliatissimo: ho
ereditato un grosso portafoglio azionario
da mio padre. Sto parlando di una somma
con molti zeri. La maggior parte di queste
azioni erano e sono titoli bancari e altre
azioni dell’indice della Borsa di Milano.
Quando sono cominciati i guai, nell’autunno
del 2008, e i miei titoli hanno cominciato
a scendere, ho chiesto consiglio a questo
“esperto” sul da farsi. Il suo consiglio è
stato netto: tenere tutto senza fare nulla.
Tanto si trattava di titoli tranquilli che
pagavano dividendi. Sarebbero risaliti
molto presto e senza problemi di ansia.

Il terzo: Non sono affatto risaliti. Anzi hanno
continuato a scendere. Quasi metà del
mio pfolio azionario, due anni, dopo, se
n’è andato. E molto spesso non hanno
pagato nemmeno i dividendi. Il risultato
è che adesso, elaborato il lutto della
perdita e dei miei errori che ho elencato,
non so cosa fare. Vendo e monetizzo la
perdita? Tengo e spero che risalga il
portafoglio (ma se poi continuano a calare?)?
Esiste una terza possibilità?

-Francesco Carlà

Angelo aveva subito una ferita grave.

Qui non si trattava soltanto di soldi. Il problema era, come succede spesso in faccende finanziarie, anche e soprattutto psicologico.

Provate a leggere la sua lettera (e le sue domande) cosi’:

1 Mio papà mi ha lasciato custode di una grande fortuna;
2 Io mi sono fidato di uno che non aveva esperienza;
3 Il risultato è che adesso il mio patrimonio è ridotto alla metà;
4 L’unica cosa che desidero è farlo tornare al punto di partenza.

Ragionare cosi’, molto probabilmente, porterebbe ad ulteriori perdite sul capitale iniziale.

Quindi, prima di tutto, scordarsi del capitale iniziale se si vuole davvero iniziare una nuova strada. Il capitale attuale è il nostro capitale. Stop.

Secondo passaggio: il nostro patrimonio puo’ essere visto in due modi.

Il primo: le azioni che abbiamo al momento in pfolio e il loro valore facciale attuale.

Il secondo: i business che le azioni rappresentano, la qualità di questi business, i fondamentali
economici e finanziari.

Nel primo caso abbiamo un capitale che è dato dal prezzo attuale delle azioni. Ma non sappiamo nient’altro. Pessima situazione per un azionista.

Nel secondo caso abbiamo un patrimonio che è dato dal valore delle nostre azioni a cui aggiungiamo la conoscenza dei business sottostanti.

Nessuno dovrebbe detenere azioni se non rientra nel secondo caso.

Credo che sia molto chiaro, allora, cosa dovrebbe fare Angelo M. (e tutti quelli che si trovano in situazioni analoghe) per uscire da questa scomodissima condizione:

Primo: riconoscere il proprio capitale attuale dopo l’errore grave;
Secondo: riconoscere il profilo giusto di un investitore azionario.

Per ottenere il primo risultato bisogna guardare in faccia la realtà e scacciare ogni idea di impossibili e perdenti scorciatoie.

Per ottenere il secondo risultato bisogna usare i 5 Principi della Finanza Democratica:

1 Nessuno sa, e puo’, curare il nostro denaro meglio di noi;

2 Imparare ad investire è molto semplice e non serve essere laureati in economia e scienze finanziarie. Basta essere correttamente informati da chi è Strutturalmente Indipendente(*) e non deve vendervi nessun tipo di prodotti finanziari. Basta saper fare addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, percentuali, e medie;

3 Grazie ad Internet, è facile e costa molto poco investire da soli e senza intermediari. È sufficiente
aprire un conto bancario on line e le commissioni sono basse e alla portata di tutti gli investitori.

4 Investite solo in quello che capite e conoscete.

5 Non fidatevi di nessuno che vi proponga cose
in contrasto con i punti 1, 2, 3 e 4.

(*) Strutturalmente Indipendente è SOLO chi guadagna se guadagnate voi. Non chi guadagna anche quando voi perdete.

Le 6 regole della felicità finanziaria

La Felicità Finanziaria e’ molto importante.

Il regno del denaro non e’ mai stato democratico:
chi ha molto tende a volere di piu’ e a far
pagare caro il prestito dei suoi soldi.

Del resto tutti vogliono consumare e cosi’ abboccano.

Per questo risparmiare ed investire non e’ mai
stato cosi’ apparentemente difficile in Italia
e in tutto l’Occidente.

Il risparmio e’ minacciato dal consumo inutile
e finanziato, mentre l’investimento e’ circondato
dalla nebbia della comunicazione professionale.

Saro’ semplicissimo:

1 C’e’ tutta un’industria che non desidera che
voi possiate risparmiare in tranquillita’;

2 C’e’ tutta un’industria che non apprezza che
voi possiate investire in autonomia.

L’industria anti-risparmio ci finanzia qualunque
cosa (auto, moto, casa, mobili, vacanze etc etc)
purche’ non ci salti in mente di risparmiare.

L’industria anti-investimento ci fa sentire
incompetenti e a rischio, per convincerci che
e’ meglio affidare i nostri denari ai suoi funzionari.

Ci conviene? Vediamo insieme queste cosette:

1 Risparmiare si puo’ e si deve;
2 Gli automatismi sono vincenti;
3 Il tempo e’ il nostro alleato;
4 Il rischio e’ un mito pericoloso;
5 L’indipendenza si riconosce al tatto.
6 Semplice e’ bello e giusto.

E adesso vediamole una per volta:

1 Risparmiare si puo’ e si deve:
Ma e’ proprio cosi’ difficile risparmiare oggi?

Orazio, si proprio quello del Carpe Diem,
diceva che la sorgente della felicita’ sta
nel ridurre le esigenze inutili.

E se ne intendeva del tema.

La fonte della Felicita’ Finanziaria, e quindi
del risparmio che ne e’ la prima indispensabile
parte, sta nell’individuare e ridurre, o eliminare,
i ‘bisogni non gratificanti e inutili’.

Portatevi dietro un taccuino. Scriveteci
tutte le spese che fate ogni giorno, e questo
per un mese. Poi dopo i trenta giorni rileggete
con calma e decidete quali sono i nemici
del vostro risparmio.

E agite spietatamente.

2 Gli automatismi sono vincenti:

Fate tutto in automatico: risparmio ed investimento.
Come si dice in America: pay yourself first.

Decidete qual e’ la somma che potete destinare
al risparmio e all’investimento ogni mese,
e automatizzate questo versamento.

Praticamente datevi lo stipendio.

3 Il tempo e’ il nostro alleato:

Se riuscite a darvi una paga da 400 euro di
risparmio ogni mese, e investite questi denari
al 10% all’anno (al momento con i nostri servizi
premium state andando molto meglio di cosi’),
in 5 anni avete messo assieme un capitale
di 31.000 euro.

Sempre con questo ritmo, in 10 anni diventano
oltre 80.000, mentre in 20 anni esplodono a
quota 290.000, euro.

In 30 anni siete quasi milionari: 832.000 euro.

Ovviamente il metodo funziona con qualunque
somma riusciate a risparmiare. Non importa
quanto piccola e meglio se grande.

Nel corso degli anni potete e dovete
aumentare il vostro stipendio. Premiatevi.

Magari in proporzione a quanto siete stati bravi.

4 Il rischio e’ un mito pericoloso:

Cosa e’ rischioso negli investimenti e cosa
no? C’e’ il mito del rischio delle azioni e
il mito del non rischio di obbligazioni e immobili.

Tutte sciocchezze.

Il vero rischio e’ non fare nulla. Non risparmiare
e non investire. E nei piccoli esempi che vi ho fatto
sopra, avete anche sicuramente capito perche’.

L’altro mito e’ ‘diversificare’.

Warren Buffett, che ha dedicato una vita al
risparmio e all’investimento, diventando il
secondo uomo piu’ ricco al mondo dopo Gates,
e senza aver inventato la Microsoft,
una volta ha scritto che ‘La diversificazione
e’ la protezione dall’ignoranza. Ma non ha
senso se sapete quello che state facendo.’
Cioe’ se siete investitori intelligenti.

Quindi state lontani dal ‘capitale garantito’.

Il capitale non puo’ essere garantito
perche’ viene ridotto anno dopo anno dall’
inflazione. L’unica garanzia possibile
per il vostro capitale e’ il risparmio
e l’investimento intelligente. Quello che
deriva dal sapere come, perche’ e in cosa
state investendo il vostro denaro.

5 L’Indipendenza si riconosce al tatto.

E’ facile riconoscere chi e’ davvero Indipendente:
solo chi guadagna se voi fate profitti puo’
essere davvero interessato a consigliarvi bene.

Chi guadagna in ogni caso, indifferente ai
vostri profitti e alle vostre perdite,
non e’ il consigliere adatto a voi.

6 Semplice e’ bello e giusto.

Visto che era semplice? Solo i metodi semplici
di risparmio ed investimento funzionano sul serio.

Aggiungete al cocktail la vostra intelligenza e
la Felicita’ Finanziaria e’ a portata di mano.

Finalmente

Quanto scritto è tratto dalla newsletter di lunedì 26/07/10 del prof Carlà.